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Open space: un concetto di conferenza innovativo e orientato al futuro

Discorsi interminabili, scarsa partecipazione, l’agenda da seguire: che noia terribile! Nell’era della trasformazione digitale, una conferenza dovrebbe offrire qualcosa in più oltre al sapere di esperti e focus tematici. Per evitare che i partecipanti si annoino a morte, esiste un metodo innovativo già introdotto con successo nei settori bancario, finanziario e informatico: la conferenza open space. In questo articolo scoprirai un concetto target oriented per la collaborazione del futuro.

Ripensare l’agenda: il concetto di open space

La conferenza classica segue praticamente sempre lo stesso programma. L’organizzatore chiede a ogni partecipante di sedersi, le luci si abbassano e iniziano una serie di presentazioni. In questo formato, i contenuti e le informazioni aziendali rilevanti sono presentati in modo frontale e monologico, relegando i partecipanti al ruolo di ascoltatori.  Alla fine, forse, torneranno a casa con un bagaglio di informazioni più o meno valide.

Se si tratta di un evento di grandi dimensioni o con un numero elevato di partecipanti, una programma strutturato in questo modo è forse consigliabile. Ma non è raro che il contenuto informativo risulti poco comprensibile ed “evapori” non appena terminata la conferenza. Ma l’alternativa c’è: l’open space, un concetto in cui il partecipante stesso diventa relatore. La conferenza diviene quindi qualcosa di più simile a una giornata di workshop, trasformando gli ascoltatori passivi in partecipanti attivi.

Nell’open space, i partecipanti diventano una task force interdisciplinare nella quale è possibile scambiare esperienze, chiarire questioni, affrontare sfide e chiedere il supporto necessario. Per approfondire un focus tematico in modo mirato e collettivo si può programmare anche un open space in modalità autogestita, che offre la libertà di decidere a quale sessione tematica partecipare e consente di entrare nella discussione con le proprie conoscenze specialistiche. L’idea si basa su una scoperta interessante.

Contesto storico del concetto di open space

Harrison Owen, noto sacerdote e attivista per i diritti civili negli Stati Uniti, ha fatto un’osservazione affascinante durante i suoi incontri: i periodi apparentemente improduttivi e non strutturati offrivano un immenso potenziale per l’organizzazione di azioni più ampie, ad esempio una manifestazione di protesta. Era soprattutto durante le pause caffè, i brevi intermezzi e gli altri incontri non pianificati che emergevano le idee più brillanti.

Sulla base di queste analisi, negli anni ’80 diverse aziende del settore finanziario e della neonata industria informatica hanno sviluppato il metodo open space. La conferenza specialistica in forma di workshop e il materiale informativo autoprodotto ma accessibile a tutti rappresentavano una semplificazione pratica dell’agenda rigida. Il trend si è affermato: anche nel classico evento di grandi dimensioni con un elevato numero di partecipanti oggi sono previste diverse e lunghe “pause di ristoro”, concepite appositamente per lo scambio di conoscenze tra esperti.

Svolgimento del metodo open space

Grazie al suo approccio aperto, l’open space può seguire un percorso e focus tematici estremamente diversificati. Tuttavia, per un’applicazione rigorosa del metodo è necessario seguire sempre il seguente programma.

  • Cenno di benvenuto ai partecipanti da parte dell’organizzatore e presentazione del programma: Chi? Quando? Dove? Cosa? Per quanto tempo? Altro?
  • Definizione del focus o dello spettro tematico: non tutti gli open space hanno un tema specifico predefinito e spesso viene anche utilizzato un quadro di riferimento.
  • Il giro di presentazioni dei partecipanti è più indicato per l’open space interno all’azienda piuttosto che per un evento pubblico con molti partecipanti.
  • Panoramica delle tematiche e parte introduttiva: si può ricorrere a un elevator pitch per catturare in modo breve e conciso l’attenzione dell’intero gruppo. Gli eventuali temi aggiuntivi possono essere affissi a parete su fogli di carta di dimensioni diverse a seconda della loro importanza.
  • L’agorà è il luogo centrale della conferenza. Qui, gli argomenti proposti sono ordinati e suddivisi in categorie, creando un ordine cronologico assegnato ai singoli ambienti e aree. Un consiglio: se il numero di partecipanti è elevato, è opportuno utilizzare le “liste di iscrizione”.
  • Scambio di conoscenze specialistiche in gruppi tematici: che si tratti di una domanda, di una procedura o di un’idea, la creazione dei focus tematici dipende al 100% dai partecipanti.
  • Verbale dei risultati: le risposte, i risultati e le decisioni devono essere documentati e riepilogati per la discussione al termine dell’open space.
  • Prospettiva: cosa succede ai risultati? Forse confluiscono già nelle aree di business operative? Dopo la conferenza, i risultati del metodo applicato devono essere diffusi all’interno dell’azienda. E già si pone la domanda: come organizzo il prossimo open space?

Open space all’interno dell’azienda: Sedus produce gli arredi per l’applicazione del metodo

L’open space interno richiede una preparazione a più livelli: come fare per suscitare l’interesse dei collaboratori nei confronti del metodo? Quali argomenti possono essere utilizzati per convincere il management, anche se i risultati sono incerti nella fase preliminare? Chi organizza a livello interno questa conferenza particolare? E infine: che ruolo possono o devono avere gli arredi in questo contesto?

Sedus produce arredi per ufficio dal 1871. Nei nostri oltre 150 anni di storia, abbiamo sempre guidato l’innovazione nel settore degli arredi per ufficio, conferenze e contract “Made in Germany”. Questo vale anche per il metodo open space. Dalle sedute flessibili ai grandi tavoli da conferenza, abbiamo creato un’ampia gamma di arredi per le modalità di collaborazione del futuro.

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